CD Giacomassi: Il lavoro e i salari tra svolte mancate e sfide urgenti.
La conclusione della fase referendaria sui temi del lavoro e della cittadinanza, lo scorso 9 giugno, richiederebbe alle forze politiche del centro e della sinistra di aprire una nuova fase di confronto, di riflessione attorno ai temi proposti nella consultazione referendaria, che restano ancora tutti da affrontare. L’obiettivo deve essere quello di costruire un disegno organico di proposte in grado di rispondere ai salari erosi, occupazione in trasformazione, transizioni tecnologiche e demografiche, divari territoriali e nuove diseguaglianze. Al di là delle valutazioni che ogni forza politica può fare del voto, l’assenza di proposte anche su queste tematiche hanno reso i quesiti referendari meno attrattivi. Si dovrebbe partire perciò da una lettura e analisi del nuovo contesto determinatosi dopo il periodo pandemico, che ha segnato una forte discontinuità anche rispetto al passato recente.
EVIDENZE DEL NUOVO CONTESTO
Sono presenti inediti e grandi cambiamenti nel post COVID: Pil, occupazione, mercato del lavoro, inflazione e salari, PNRR, costi energetici, accelerazione esponenziale delle innovazioni tecnologiche ecc.
Il mercato del lavoro, nel post-pandemia, ha mostrato segnali inediti: un numero record di occupati, oltre 24 milioni, con una progressiva stabilizzazione dei contratti a tempo indeterminato. Questo risultato positivo è stato reso possibile durante e post COVID da una combinazione di fattori: misure emergenziali come il divieto di licenziamento, gli ammortizzatori sociali universali, la regolazione del lavoro a distanza, i ristori alle imprese; ma anche la forte ripresa del PIL da record, gli investimenti del PNRR e gli incentivi decontribuzione e defiscalizzazione dal 2020 per l’occupazione giovanile e femminile.
Tutto questo può essere attribuito al governo Meloni? Non esattamente.
Tuttavia, l’altro volto di questa fase è rappresentato dall’inflazione. Il picco post-COVID ha ridotto il potere d’acquisto dei salari, con uno scarto del 6–7% non ancora recuperato. L’effetto è aggravato dal drenaggio fiscale che pesa su stipendi e pensioni. I salari, negli ultimi vent’anni, non hanno recuperato appieno la loro crescita reale, anche se sostenuti da un lungo periodo di bassa inflazione. L’imprevista esplosione dell’inflazione ha ulteriormente aggravato la situazione salariale con una estensione del lavoro povero e mal pagato.
La doppia transizione – digitale ed ecologica – è già in atto e sarà accelerata dall’intelligenza artificiale. Si tratta di un’opportunità per il sistema economico italiano, a patto che siano governate normativamente e contrattualmente negli impatti sulle organizzazioni produttive delle imprese, sui livelli occupazionali, sui profili professionali e sulle competenze delle risorse umane. Vi sarà bisogno di poderosi piani di formazione, di alfabetizzazione e di trasferimento tecnologico in direzione dei cittadini, dei dirigenti aziendali e dei lavoratori. Serve un cambio di paradigma: non più competizione sul costo del lavoro, ma sul valore aggiunto, sulla qualità dell’occupazione, sulle competenze in grado di rilanciare la ventennale stagnante produttività.
MERCATO DEL LAVORO, LAVORO PUBBLICO, LAVORO IMMIGRATO, SALUTE E SICUREZZA: CONSIDERAZIONI ED ABBOZZO DI PROPOSTE
Il mercato del lavoro presenta inoltre evidenti criticità: l’invecchiamento demografico, con il 90% degli assunti degli ultimi anni over 50; la difficoltà delle imprese a reclutare, per mancanza di candidati, oltre la metà del personale desiderato; la presenza di 2,5 milioni di giovani tra i 15 e i 34 anni che non studiano né lavorano (NEET); un tasso di inattività stabile al 33%.
In questo contesto, sarebbe urgente una nuova governance istituzionale, capace di integrare politiche attive e passive del lavoro, servizi per l’impiego, formazione continua e sviluppo delle competenze con un collegamento funzionale con il sistema scolastico.
Affrontare il tema del lavoro significa occuparsi anche del lavoro pubblico, della salute e sicurezza e del lavoro immigrato. Nella pubblica amministrazione l’età media supera i 50 anni e circa un milione di professionisti andrà in pensione nei prossimi dieci anni. Occorrono nuove politiche di reclutamento programmato, formazione per il potenziamento delle competenze digitali, valorizzazione delle professioni e adeguate politiche retributive. Anche il tema della salute e sicurezza sul lavoro richiede un deciso orientamento alla prevenzione, con modelli organizzativi aziendali e di filiera progettati su matrici “infortuni zero”, supportati dall’integrazione istituzionale dei servizi di vigilanza e dall’interoperabilità delle banche dati. Strettamente connesso è il tema del lavoro immigrato. L’immigrazione non è solo una questione di ordine pubblico: nel nostro mercato del lavoro vi sono 2,5 milioni di immigrati regolari – prevalentemente in fasce di lavoro povero – e circa 500 mila irregolari, spesso sfruttati e ricattati indegnamente. Serve una politica di accesso nel nostro Paese del lavoratore immigrato organizzato e legale, con assunzioni regolari, e nuovi strumenti per abolire, debellare l’irregolarità, favorendo l’emersione dal sommerso.
QUESTIONE SALARIALE: CONSIDERAZIONI ED ABBOZZO DI PROPOSTE
La questione salariale è infine legata al sistema della contrattazione, nato con il protocollo del 23 luglio 1993, che ha garantito copertura al 97% dei lavoratori. Questo sistema andrebbe rivisto e aggiornato, includendo nei parametri IPCA i beni energetici e introducendo garanzie stringenti che vietino la deroga per il rinnovo dei contratti alla loro scadenza, compresi quelli della pubblica amministrazione. Diversi punti di inflazione devono ancora essere recuperati nelle retribuzioni. La contrattazione decentrata ha bisogno di nuovi strumenti e indicatori aziendali per poter essere esercitata ed estesa ai lavoratori delle piccole imprese, mentre quella territoriale andrebbe potenziata per valorizzarne le specificità. Affinché la contrattazione sia davvero efficace, occorre anche dare attuazione legislativa all’articolo 39 della Costituzione (riferimento accordo interconfederale 2011), come già avvenuto per l’articolo 46, per affrontare la frammentazione contrattuale dannosa sia per i salari sia per le imprese. È un punto rimasto inattuato fin dal protocollo del 1993 utile a dare efficacia erga omnes ai contratti firmati da coalizioni maggiormente rappresentative. Serve inoltre garantire una copertura salariale e contrattuale anche a quel 3% di lavoratori che oggi non godono di alcuna tutela. In questo quadro, anche il Governo dovrebbe svolgere un ruolo attivo nel recupero salariale, restituendo a tutti i dipendenti – non solo a chi ha un reddito inferiore ai 30 mila euro – e ai pensionati quanto perso per effetto del drenaggio fiscale.
Le tematiche esposte dovrebbero essere affrontate tutte insieme con un disegno organico, riformatore evitando la frammentazione.
È un percorso che dovrebbe vedere le forze di centro e di sinistra lavorare attraverso un comitato ad un progetto comune organico e complessivo su lavoro e salari con un dialogo permanente con le associazioni imprenditoriali e sindacali.
Fulvio Giacomassi
Responsabile Dipartimento Lavoro di Centro Democratico