Considerazioni sul PNRR
Queste sono considerazioni nate dalla lettura del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza presentato dal Governo Italiano alla Commissione Europea per ottenere 248 miliardi di Euro di finanziamenti a vario titolo, parte in prestiti a tasso agevolato, parte a fondo perduto e parte con fondi integrativi italiani.
Sicuramente un ammontare notevolissimo ma quello che più sorprende nella lettura del piano sono le modalità con cui vengono liquidate le somme: con gradualità e controllando gli investimenti fatti e la loro efficacia.
Sono vincoli molto stringenti e che obbligano il piano a darsi scadenze precise e a dotarsi di strutture di controllo dell’effettivo rispetto di quanto deciso e dell’efficacia dell’intervento.
Già queste prime notazioni danno subito il segno di quanto sia innovativa la struttura del piano rispetto alle nostre tradizioni di piani di investimento, rimasti sulla carta per l’incapacità di spendere in tempi utili della nostra Pubblica Amministrazione e per gli inciampi dovuti ad un sistema giudiziario che non si cura delle conseguenze economiche dei propri ritardi e lungaggini.
Infatti il piano premette agli interventi, suddivisi in 6 missioni, delle riforme orizzontali, per l’appunto PA e Giustizia, che interessano tutti i livelli di intervento del piano.
Si vuole intervenire nei due ambiti non soltanto con assunzioni necessarie ma spingendo pesantemente la razionalizzazione e la semplificazione delle normative e l’informatizzazione di tutte le procedure, creando la possibilità che le varie amministrazioni possano comunicare fra di loro secondo il principio “once-only” semplificando così il rapporto fra cittadini e PA.
Per ottenere questo occorre non solo investire in tecnologie ma soprattutto in formazione professionale permanente, per adeguare il personale all’utilizzo del cloud, dei big data e di quanto serve per ottenere il massimo dagli investimenti.
Questo non vale solo per questi due settori ma deve investire tutta la società italiana che oggi è in fondo alla classifica europea per competenze informatiche e quindi di utilizzo delle tecnologie.
Queste riforme sono definite trasversali perché riguardano tutti gli ambiti del Piano, ne sono la precondizione: senza di queste il piano non può partire.
Ma queste sono forse le più impegnative, perché devono scardinare abitudini inveterate e conservative, rendite di posizione anche politiche, centri di potere che tenderanno a mantenere le proprie posizioni opponendo una tenace resistenza.
Per questo sarebbe necessario che le forze politiche cominciassero a dibattere questi temi ed il fatto che non succeda è di pessimo auspicio; ci si accapiglia con ferocia sul coprifuoco, sulle aperture, sui diritti costituzionali violati dalle restrizioni del Covid, ma non si spendono parole sull’attuazione del PNRR, quasi che bastasse averlo presentato in tempo e che queste materie sono materie da tecnici.
Il disinteresse della politica per l’applicazione del PNRR è grave e ci fa correre seriamente il rischio di perdere tutti i finanziamenti.
Se poi pensiamo solo ai titoli delle sei missioni previste dal piano, ci rendiamo conto di quale mole di lavoro e di cambiamenti ci attende nel prossimo futuro: 1) digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura, turismo; 2) rivoluzione verde e transizione ecologica; 3) infrastrutture per una mobilità ecologica; 4) istruzione e ricerca; 5) inclusione e coesione; 6) salute.
Credo basti la lettura di questi titoli per capire sia la profondità dei cambiamenti impostati, sia le resistenze che si incontreranno nell’attuazione del piano.
Abbiamo già visto le due riforme trasversali (PA e Giustizia) ma ci sono altri interventi abilitanti quali la semplificazione e la concorrenza, il sostegno alle famiglie e le politiche per i giovani, il sostegno per i redditi da lavoro, gli interventi contro il consumo del suolo e per il mezzogiorno.
Tutto questo, inserito in una riforma fiscale non solo dell’IRPEF ma di tutto il sistema tributario oggi farraginoso, vecchio e frammentato.
Ricondurlo ad unità non è solo un’operazione di razionalità ma anche un intervento complessivo per creare un fisco certo, equo e stabile, condizione necessaria per favorire gli investimenti e lottare efficacemente contro l’evasione.
Credo bastino questi appunti per farsi un’idea della complessità del Piano che sicuramente potrà essere migliorato nelle sue parti, ma che mantiene una gran validità visto nel suo complesso, come volontà di modernizzazione dell’Italia utilizzando una quantità di risorse senza precedenti.
Ripeto che la cosa che più mi stupisce e preoccupa è l’assenza di dibattito politico su questo impegno, la sottovalutazione delle difficoltà che si incontreranno a livello politico, economico e sociale nell’individuare le misure e nell’attuare gli interventi nei tempi e nei modi previsti pena la decadenza dei finanziamenti europei.
Dobbiamo cercare di rendere la società italiana meno superficiale e meno spaventata del futuro poter cogliere questa irripetibile opportunità; ci vuole l’impegno di tutti nessuno escluso per poter raggiungere nei prossimi anni gli scopi del Piano.
Carlo Lavatelli
Coordinamento Milano Città Metropolitana