Politica Estera

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La fase storica che stiamo attraversando non costituisce una parentesi congiunturale negativa dell’evoluzione del capitalismo moderno, destinata a riassorbirsi nel tempo con piccoli aggiustamenti al margine nel funzionamento dei meccanismi portanti del sistema economico-finanziario globale.

Noi crediamo che si tratti, invece, di una crisi profonda e sistemica, che ha evidenziato i nodi e le contraddizioni di una deriva neoliberistica, che assolutizzando i canoni del profitto e della competizione ha smarrito la ragion d’essere dei sistemi economici, ossia la capacità di generare e diffondere equamente la ricchezza delle nazioni.

La democrazia, il capitalismo, la tecnologia, sembrano non aver impedito l’affermarsi, nell’ultimo quarto di secolo, di un sistema economico globale nel quale la finanza ha progressivamente occupato il posto dell’economia reale, erodendo la stessa capacità delle istituzioni politiche di orientare le scelte collettive verso il bene comune.

Un sistema che appare oggi sempre più condizionato da logiche materialistiche, tecnocratiche e predatorie, e governato dalla finanza speculativa e da modelli di produzione e di consumo energivori, che oltre a non garantire un’equa distribuzione del prodotto a livello mondiale, fanno spesso un uso distorto dei beni della terra, mettendo a dura prova i più deboli e innescando processi d’alterazione degli ecosistemi d’oscura reversibilità – come il surriscaldamento globale – le cui insidiose conseguenze sono ormai asseverate dalla comunità scientifica internazionale.

Di fronte a questo scenario, noi crediamo che il libero mercato e la finanza possano dispiegare le loro virtù solo attraverso un sistema di regole globali definito sulla base dei valori universali della solidarietà e della dignità della persona.

Per questa ragione intendiamo adoperarci affinchè l’Italia si faccia interprete di un salto di qualità nelle relazioni internazionali, impostando un’azione diplomatica volta a promuovere una visione capace di incidere sui postulati ideologici, i paradigmi etici e i modelli organizzativi dell’attuale sistema economico, finanziario e monetario internazionale.

La crisi attuale reca in sé una straordinaria opportunità di cambiamento, che andrebbe colta per riformare in profondità l’architettura del sistema finanziario mondiale, definendo una cornice di regole di governance globale entro la quale possano operare, a tutela del bene comune, nuove istituzioni globali.

Occorre ricongiungere in un nuovo quadro la sfera politica e quella economica, adoperandosi per colmare l’asimmetria oggi sussistente tra mercati globalizzati e istituzioni politiche e regole giuridiche che rimangono invece prevalentemente di matrice nazionale.

In questa prospettiva, il Centro Democratico intende sostenere l’ambiziosa proposta, avanzata dal Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, di riformare le Nazioni Unite e le istituzioni internazionali nate dagli accordi di Bretton Woods, al fine di costituire un’Autorità pubblica a competenza universale, capace di governare con autorevolezza, su base democratica e secondo principi di sussidiarietà e solidarietà, i processi di globalizzazione.

Il passaggio dal contesto ristretto del club dei grandi della terra all’orizzonte più ampio del G20, pur con i limiti di un consesso privo di una reale base democratica, costituisce un importante passo in questa direzione, su cui occorre proseguire valorizzando sempre più il multilateralismo e la cooperazione tra gli Stati e le diverse istituzioni internazionali.

L’esperienza empirica degli ultimi anni ha mostrato, con tutta evidenza, come affidare a forme di autoregolamentazione operate da strutture tecnocratiche la definizione delle regole fondamentali che disciplinano, ad esempio, l’ambito societario, finanziario e creditizio, si sia rivelato un fatale errore, che non ha assicurato né un equilibrato contemperamento degli interessi, né una maggiore efficienza del sistema economico. Anzi, tale cieca fiducia nelle capacità di autoregolamentazione ha finito per bruciare ricchezza, inibendo il potenziale di crescita delle economie avanzate; ha costretto gli Stati sovrani a indebitarsi per salvare le istituzioni finanziarie too big to fail, mettendo a repentaglio la sostenibilità economica di sistemi di welfare State faticosamente costruiti in decenni di democrazia liberale, con le inevitabili ricadute sulle regioni più povere e i soggetti più deboli e vulnerabili.

La finanza speculativa neoliberista, e in particolare quella operante nella realtà opaca e in forte espansione del “sistema finanziario ombra” – che gestisce 46.000 miliardi di euro, ossia circa il 25-30% dell’intero sistema finanziario e circa la metà delle attività bancarie – con strumenti sofisticati e complessi (i derivati), che valgono 10 volte il PIL mondiale e che altro non sono che scommesse su ciò che non si possiede, ha mostrato negli ultimi anni una forza autodistruttiva inedita, che non può più essere tollerata.

Il nostro impegno sarà quindi di contribuire alla costruzione, a livello internazionale, di un nuovo modello di governo transazionale, che promuova, a livello globale, un sistema finanziario trasparente e funzionale all’affermarsi di un’autentica economia sociale di mercato.

Più in generale, la pace, la lotta alla povertà e il contrasto ai cambiamenti climatici, saranno gli assi portanti della nostra politica estera, fondata sul multilateralismo e sull’impegno a riformare le Nazioni Unite per un governo democratico e solidale dei processi di globalizzazione. Ci impegniamo, pertanto, a sostenere le iniziative internazionali per la rinegoziazione e la cancellazione del debito dei paesi poveri e a definire, nelle sedi diplomatiche, posizioni negoziali avanzate sui temi ambientali e dello sviluppo sostenibile e per la difesa e la promozione dei diritti umani.

Sul piano interno, ci impegniamo a completare la riforma del sistema della cooperazione allo sviluppo e a reperire nuove risorse per onorare e intensificare gli impegni internazionali assunti dall’Italia per la lotta alla fame, in particolare nell’Africa sub-sahariana, e all’Aids, la tubercolosi e la malaria.

Inoltre, la politica estera, stabilmente collocata entro la sua tradizione storica euro-atlantica, dovrà fare dell’Italia un interlocutore privilegiato dei paesi che si affacciano sul mediterraneo, con i quali andranno rafforzati i legami di amicizia e partenariato economico e sociale, anche al fine di prevenire le ondate migratorie.

Ci impegniamo, infine, a sostenere ogni sforzo politico e diplomatico per rilanciare un negoziato internazionale per la soluzione del perdurante conflitto israelo-palestinese e per favorire i processi di modernizzazione e democratizzazione dei Paesi del Medio-Oriente, a cominciare dalla situazione in Siria, denunciando ogni abuso, violenza o repressione dei diritti civili e utilizzando gli interventi militari, previa autorizzazione delle Nazioni Unite, solo per funzioni di peace-building e interposizione nella risoluzione dei conflitti per la protezione dei civili.