Montanari: “La violenza sulle donne resta una piaga sociale”

“Il recente rapporto ISTAT (pubblicato nel  giugno 2015) conferma il fatto che la violenza contro le donne resta una piaga sociale. Sono 6 milioni 788 mila le donne che hanno subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale, il 31,5% di età compresa tra i 16 e i 70 anni: di queste,  il 20,2% ha subìto violenza fisica, il 21% violenza sessuale, il 5,4% forme più gravi di violenza sessuale come stupri e tentati stupri. Sono 652 mila le donne che hanno subìto stupri e 746 mila le vittime di tentati stupri”. Lo dichiara Valeria Montanari, Segretaria provinciale Centro Democratico Reggio Emilia

“Le donne straniere hanno subìto violenza fisica o sessuale in misura simile alle italiane nel corso della vita (31,3% e 31,5%). Il fatto inquietante è che sono proprio i partner attuali o ex che commettono le violenze più gravi. Il 62,7% degli stupri è commesso da un partner attuale o precedente. Gli autori di molestie sessuali sono invece degli sconosciuti nella maggior parte dei casi (76,8%). Tre milioni 466 mila donne hanno subìto stalking nel corso della vita, il 16,1% delle donne. Di queste, 1 milione 524 mila l’ha subìto dall’ex partner, 2 milioni 229 mila da persone diverse dall’ex partner. Le donne separate o divorziate hanno subìto violenze fisiche o sessuali in misura maggiore rispetto alle altre (51,4% contro 31,5%). Preoccupante anche la situazione delle donne con problemi di salute o disabilità: ha subìto violenze fisiche o sessuali il 36% di chi è in cattive condizioni di salute e il 36,6% di chi ha limitazioni gravi. Il rischio di subire stupri o tentati stupri è doppio (10% contro il 4,7% delle donne senza problemi).

Altro fatto particolarmente grave è che il 10,6% delle donne ha subìto violenze sessuali prima dei 16 anni, dato in miglioramento rispetto alla precedente indagine ma comunque dato altissismo ed inaccettabile. Considerando il totale delle violenze subìte da donne con figli, aumenta la percentuale dei figli che hanno assistito ad episodi di violenza sulla propria madre (dal 60,3% del dato del 2006 al 65,2% rilevato nel 2014)”, continua Montanari.

“Vi sono complessivamente segnali di miglioramento (sempre dati Istat) rispetto all’indagine precedente: ciò probabilmente è frutto di una maggiore informazione e di una migliore capacità delle donne di prevenire e combattere il fenomeno, ossia  di una maggiore consapevolezza delle donne nel riconoscere e reagire alla condizione di maltrattamento che stanno vivendo e nella consapevolezza di essere vittime di un reato (29,6% oggi, 14,3% nel 2006). Vi è un aumento delle denunce (11,8%oggi, 6,7% ieri). C’è meno vergogna a parlarne con qualcuno e si cerca, di più rispetto al passato, aiuto in servizi pubblici e specializzati come i centri antiviolenza. La situazione resta però drammatica, anche perché le violenze sono più gravi: aumentano quelle che hanno causato ferite (dal 26,3% al 40,2% da partner) e il numero di donne che hanno temuto per la propria vita (dal 18,8% del 2006 al 34,5% del 2014). Drammatici sono i dati relativi alla violenza sulle donne con problemi fisici, sulle donne con età inferiore ai 16 anni (che io più semplicemente chiamerei bambine) e sui figli che assistono ad episodi di violenza sulla propria madre”.

“Tutti noi sappiamo (o dovremmo sapere) che un bambino o una bambina che ha subito violenza fisica tratterrà dentro sé il trauma per tutta la vita; tutti noi sappiamo che un bambino o bambina che vive oggi situazioni di violenza in casa percependola, vedendola, subendola, domani sarà molto più probabilmente capace di trasmetterle e replicarle nella sua vita quotidiana e sociale a scuola, a lavoro, in una relazione affettiva, sia come vittima che come carnefice. E, spesso, non è facile per una madre, pur nella consapevolezza dell’effetto negativo che la violenza che subisce ha sui figli, prendere decisioni drastiche e succede che questa madre sia costretta a restare nella relazione violenta perché non ha alternativa, non sa dove andare e come mantenere sé stessa e i propri figli. Da qui il problema dell’emergenza abitativa e lavorativa ma anche della necessità di avere sul territorio in maniera sistemica servizi capaci di rispondere adeguatamente. E ancora troppo spesso capita che una mamma (o una donna senza figli) vittima di violenza rimanga in silenzio per paura di rimanere sola nell’ulteriore rischio del marito (o compagno) ancora più violento dopo la denuncia. Credo che, da questo punto di vista, molto sia stato fatto ma ancora molto è da fare”, conclude la nota.