Emergenza carceri, Busia: in Sardegna situazione insostenibile. Intervenga il Ministero»

La consigliera regionale Anna Maria Busia sostiene la protesta dei sindacati

La consigliera regionale e responsabile nazionale Giustizia del Centro Democratico, Anna Maria Busia, questa mattina ha partecipato alla manifestazione organizzata dalla Uil Penitenziaria Sardegna davanti al PRAP di Cagliari, per protestare contro le falle ormai croniche nel sistema delle carceri isolane.

«Non posso che esprimere la completa solidarietà e sostegno alla manifestazione con cui il sindacato ha voluto evidenziare la situazione critica in cui versa il sistema penitenziario della Sardegna, afflitto da problematiche diventate croniche nella totale indifferenza del Ministero della Giustizia e dell’amministrazione penitenziaria», commenta Anna Maria Busia.

«Il Ministero ha aperto nuove carceri nell’Isola per poi abbandonare la Sardegna a se stessa, dimenticando di organizzare al meglio la gestione degli istituti penitenziari. L’ultimo sovrintendente regionale ha lasciato il suo incarico prima dell’estate e ancora non è stato indicato un sostituto; in diverse carceri non è stato nominato un direttore; la carenza di agenti penitenziari ha raggiunti livelli insostenibili: mancano all’appello ben 560 agenti, una insufficienza che mina la serenità e la sicurezza sia degli agenti in servizio, sia dei detenuti», spiega l’esponente del Centro Democratico. «In alcuni istituti, come Uta, la situazione è resa ancora più grave dal sovraffollamento detentivo, condizione limite che sta per interessare anche molte altre carceri sarde. Davanti a questa persistente emergenza si assiste al paradosso di colonie penali svuotate, non utilizzate, laddove questi istituti dovrebbero essere sfruttati proprio per alleggerire il carico di detenuti nelle carceri», continua Busia. «Per reagire a questo immobilismo delle istituzioni preposte, non posso fare altro se non sollecitare i nostri parlamentari a Roma affinché presentino alle Camere l’ennesima interrogazione con cui chiedere, ancora una volta, l’intervento del Ministero della Giustizia per porre fine a una situazione diventata, ora più che mai, insostenibile»