Riforme, Renzi circondato dai Dc avverte: “Non mi faccio rosolare”

A un certo punto qualcuno scherza: “Tanti democristiani cosi’ a Palazzo Chigi non si vedevano da 30 anni…”. Intorno a Matteo Renzi, tra le 21 di ieri e l’una di questa notte, si materializza una sorta di “balena bianca 2.0”

Al tavolo con il premier siedono Lorenzo Dellai e Lucio Romano di Per l’Italia, con Bruno Tabacci e Roberto Capelli di Centro Democratico (partiti dati in rotta di avvicinamento per la costituzione di una lista di moderati spostati a sinistra). Ci sono poi Susta e Mazziotti di Sc, Alfano, Quagliariello, De Girolamo, Sacconi di Ncd (a dicembre dovrebbe nascere un nuovo partito popolare, insieme all’Udc, possibile alleato del Pd), Pino Pisicchio del gruppo misto, la stella alpina Karl Zeller. Quindi i ‘bianchi’ del Pd: Guerini, Boschi, Zanda. Rompere lo schema monocolore e’ compito affidato agli ex Ds Speranza e Finocchiaro e ai due socialisti Riccardo Nencini e Marco Di Lello.

“Sono pronto a metterlo nero su bianco che arriviamo al 2018. Ma sia chiaro: non sto qui a scaldare la sedia e non mi faccio rosolare. Andare a votare non mi fa paura”, e’ l’esordio, un po’ brutale di Renzi, raccontano i presenti. Il premier insiste sull’importanza di fare le riforme. E scandisce un calendario che serrato e’ dire poco. Solo al Senato prevede, in sei settimane Natale e santo Stefano compresi, il voto sulla legge elettorale, la legge di stabilita’ e il jobs act.

Lo scetticismo prevale negli sguardi dei presenti. Ma poi Renzi fissa una scadenza piu’ lontana, rispetto alla fine dell’anno, che rende piu’ plausibile il forcing parlamentare. Il 22 marzo del 2015, spiega, si terra’ il consiglio europeo piu’ importante, quello in cui si decidera’ sullo stanziamento dei 300 miliardi di euro. “A quell’appuntamento ci dobbiamo arrivare con le riforme fatte. Punto”, e’ il messaggio che consegna ai partiti. Altrimenti il governo avra’ fallito.

Nei primi tre mesi del 2015, insomma, si decide il destino della legislatura. Ma gia’ prima ci sono due scadenze decisive. Renzi chiede il si’ alla legge elettorale al Senato e alle riforme costituzionali alla Camera entro la fine dell’anno. Quei due voti sono l’unica premessa possibile per chiedere al Presidente della Repubblica un estremo ripensamento: rimanere in carica ancora nei primi mesi del 2015.